Accanto alle funzioni della difesa, del mantenimento dell'ordine pubblico e del fisco, lo stato ha sviluppato in misura crescente interventi nei settori dei servizi sociali e dell'economia. Nell'Italia repubblicana, inoltre, l'attuazione delle autonomie locali e delle regioni ha favorito uno sviluppo decentrato e diffuso della pubblica amministrazione. Fanno dunque parte della pubblica amministrazione il governo e i singoli ministeri (amministrazioni centrali), con i loro apparati, gli enti locali (Comune e Provincia) e le Regioni, gli enti pubblici che operano nel campo dei servizi sociali (Azienda sanitaria locale; enti previdenziali), la scuola. I dipendenti della pubblica amministrazione sono circa un quarto dei lavoratori dipendenti e circa il 16% degli occupati, una percentuale elevata, ma inferiore a quella francese o inglese. Alla pubblica amministrazione italiana si sono spesso rimproverate un'organizzazione inefficiente, procedure lunghe e complicate, scarsa trasparenza; una legge quadro del 1994 ha tuttavia avviato una riforma che ha come principale obiettivo la semplificazione amministrativa.
Il rapporto di lavoro che si instaura fra la pubblica amministrazione e il proprio dipendente è detto pubblico impiego; in Italia riguarda tutte le categorie di dipendenti della pubblica amministrazione a eccezione dei magistrati, degli avvocati dello stato, del personale delle forze armate, della carriera diplomatica e prefettizia.
Il pubblico impiego, inteso come attività retribuita in cariche non elettive e non militari dello stato, nasce nel secolo scorso a partire dalla legislazione britannica sui concorsi pubblici, con cui s'affermò l'idea che il pubblico impiego fosse un ramo apolitico dello stato che necessita di personale tecnicamente esperto e che in esso si realizzasse un servizio democratico per i cittadini.
Il reclutamento del personale per la pubblica amministrazione avviene oggi per concorso.
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