Politica economica
1 INTRODUZIONE

Diritto costituzionale Insieme delle norme giuridiche che regolano i

rapporti tra i pubblici poteri e la struttura fondamentale dello stato.

Politica economica Insieme di misure adottate dai poteri pubblici al fine di regolare l'andamento delleconomia di un paese. Le misure riguardanti l'economia nel suo complesso fanno parte della macroeconomia, mentre quelle che agiscono in ambiti specifici, ad esempio in agricoltura, rappresentano elementi di microeconomia.

2 OBIETTIVI DELLA POLITICA ECONOMICA

Le politiche macroeconomiche sono talmente varie e numerose da rendere impossibile una trattazione succinta: possono interessare un settore produttivo oppure ambiti più ampi. Possono riguardare, ad esempio, la nazionalizzazione o la privatizzazione di un settore, il mercato del lavoro, la produzione e la vendita di certi prodotti come ad esempio la benzina o l’energia elettrica, le transazioni finanziarie di vario genere. Alcune di queste misure di intervento hanno lo scopo di regolamentare certe attività, mentre altre svolgono funzioni di stimolo. Nel loro complesso, le politiche microeconomiche rappresentano il quadro legislativo all'interno del quale operano le forze di mercato e senza il quale la concorrenza non potrebbe più essere equa né socialmente vantaggiosa.

Gli obiettivi della politica macroeconomica variano a seconda del sistema economico e del quadro giuridico e istituzionale di un paese. Sull'ampiezza che dovrebbe assumere l'intervento dello stato nell'economia, esistono notevoli divergenze fra gli economisti: alcuni hanno fiducia nel funzionamento del mercato e sottolineano le inefficienze generate dall'intervento dello stato. Altri, invece, ritengono che la politica economica rappresenti uno strumento in grado di attenuare le fluttuazioni dell'attività economica, di ridurre la disoccupazione, di promuovere la crescita economica, di limitare i poteri di monopolio delle imprese, di attuare una più equa distribuzione del reddito.

3 MISURE DI POLITICA ECONOMICA

Gli interventi di politica economica possono produrre effetti negativi se non sono basati su un'analisi corretta delle forze economiche in campo. Ad esempio, una efficace politica occupazionale deve poggiare su una visione d'insieme delle cause della disoccupazione, così come le misure volte a ridurre l'inflazione devono tener conto dei fattori che la provocano.

Particolarmente importanti risultano essere le politiche dal lato della domanda, che, agendo sul livello del potere d'acquisto, cercano di regolare la pressione sulle risorse di un paese. Si tratta generalmente di interventi di politica monetaria e di politica fiscale. Le misure di politica monetaria possono determinare rialzi o ribassi dei tassi di interesse, spingendo le banche a limitare la concessione di prestiti nel primo caso o a praticare tassi più vantaggiosi nel secondo.

Con la politica fiscale, lo stato può variare il livello della tassazione oppure modificare il sistema fiscale cercando di incoraggiare o scoraggiare i consumi o gli investimenti. Sempre nel tentativo di agire sulla domanda aggregata, lo stato può modificare il livello della spesa pubblica oppure intervenire direttamente attraverso il razionamento dei beni o l'imposizione di limiti al consumo.

Lo stato può regolamentare l'attività produttiva anche attraverso l'emanazione di leggi, tra cui quelle relative al rapporto di lavoro e agli accordi tra imprese.

In tempo di guerra, o in un'economia pianificata, l'intervento dello stato assume dimensioni maggiori: le misure di politica economica sono tese alla programmazione centralizzata delle attività economiche e limitano la libertà individuale di produttori e consumatori di esprimere le proprie preferenze sul mercato dei beni e dei servizi.

A partire dalla metà degli anni Settanta, le misure di politica macroeconomica si sono modificate in maniera radicale di fronte a una crescente riluttanza nel conferire allo stato ampi poteri e a un maggiore scetticismo circa la capacità dello stesso di gestire l'economia in maniera efficiente. Maggiore enfasi viene invece posta sulle politiche dal lato dell'offerta, che sono finalizzate allo sviluppo di una maggiore concorrenza, all'erogazione di incentivi alle imprese, all'attrazione di capitali stranieri e, soprattutto, al miglioramento del livello di istruzione e di qualifica professionale della forza lavoro.

4 ACCORDI INTERNAZIONALI

La crescente integrazione delle economie a livello mondiale e la maggiore mobilità dei capitali impongono vincoli alle politiche dei singoli paesi, che devono adeguare le politiche economiche nazionali a norme e accordi stabiliti da organismi internazionali come l'Unione Europea (UE), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale per il commercio (WTO, World Trade Organization). Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.


Politica fiscale

Politica fiscale Insieme di misure adottate dal governo in materia di imposizione fiscale e di spesa pubblica. La politica fiscale viene definita espansiva quando il governo, al fine di stimolare la domanda aggregata, riduce la tassazione oppure stimola la spesa pubblica. Una politica fiscale restrittiva è, invece, caratterizzata da una contrazione della spesa pubblica oppure da un incremento della pressione fiscale. La politica fiscale e quella monetaria (che riguarda l'offerta di moneta), rappresentano i principali strumenti macroeconomici, con i quali il governo è in grado di intervenire sull'andamento generale della propria economia (vedi Politica economica).

Nell'attuare la propria politica fiscale il governo può seguire varie vie: applicare imposte dirette (ad esempio, l'imposta sul reddito), oppure imposte indirette (ad esempio, l'imposta sulle vendite o imposta sul valore aggiunto); intervenire sulle voci di spesa corrente, tra cui i salari dei dipendenti pubblici, oppure sugli investimenti (ad esempio, in ospedali e strade).

Poiché spesso le uscite complessive risultano inferiori alle entrate, il bilancio pubblico dà luogo a un disavanzo e, di conseguenza, a un fabbisogno finanziario del settore pubblico, che deve essere coperto mediante emissione di moneta o di titoli. Nel primo caso si corre il rischio di un incremento dell'inflazione, mentre nel secondo potrebbe verificarsi un aumento dei tassi di interesse.

Nel compiere le proprie scelte in materia fiscale, i governi vengono inevitabilmente influenzati da considerazioni di ordine politico e cercano di tenere conto delle possibili reazioni dell'opinione pubblica di fronte a particolari tipi di intervento. In molti paesi una riduzione delle risorse investite nel servizio sanitario nazionale provocherebbe ad esempio maggiori critiche rispetto a un taglio della spesa relativa alla costruzione di strade.

Nell'ambito di un'economia mondiale sempre più aperta e integrata, i singoli governi devono anche tenere conto della politica fiscale attuata dai propri partner internazionali.Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.


Rappresentanza politica
1 INTRODUZIONE

Rappresentanza politica Concetto fondamentale della storia della politica moderna, legato all'idea che anche in grandi comunità politiche il potere debba essere gestito e controllato da chi lo detiene tramite la designazione di rappresentanti. L'idea, che si concreta nell'istituzione di un sistema rappresentativo, si è affermata nella maggior parte dei paesi del mondo. La rappresentanza è quindi un principio di organizzazione del potere in virtù del quale i cittadini scelgono mediante elezioni una serie di rappresentanti a cui viene concessa la facoltà di deliberare sulle questioni d'interesse comune in nome della volontà politica dei cittadini stessi. Su questa teoria si sono fondati tutti i regimi democratici moderni, che nel corso del loro sviluppo hanno progressivamente aumentato la sfera dei poteri appartenenti (per delega) ai rappresentanti a scapito di quelli detenuti dal potere esecutivo.

2 LO SVILUPPO DELLA RAPPRESENTANZA

Due ragioni hanno guidato lo sviluppo dei moderni sistemi politici in questa direzione: da un lato l'ampliamento delle comunità politiche sino alle dimensioni degli attuali stati – composti da decine di milioni di cittadini – ha implicato la necessità del ricorso a rappresentanti, rendendo pressoché impossibile ogni sistema di democrazia diretta; dall'altro la forte specializzazione delle attività politiche ha determinato la costituzione di una classe di persone adibite a svolgere unicamente questo compito. Quasi universalmente il principio della rappresentanza politica si è concretamente realizzato attraverso la creazione di un organo istituzionale elettivo – il Parlamento – all'interno del quale i rappresentanti vengono chiamati a svolgere la propria funzione, che, di volta in volta, può essere legislativa, di rappresentanza, d'indirizzo politico e infine di controllo.

3 MODELLI DI RAPPRESENTANZA

Storicamente si sono instaurati tre differenti tipi di relazione fra i cittadini (rappresentati) e i politici (rappresentanti), che corrispondono ad altrettanti esempi di rappresentanza politica. Nel primo caso, il rappresentante possiede un mandato imperativo e non può legittimamente scostarsi dalla delega ricevuta. Nel secondo caso, i rappresentanti debbono rispecchiare fedelmente gli elementi caratterizzanti la realtà sociale dei rappresentati che possono essere economici, religiosi, ideologici o professionali. Infine, nel terzo caso esiste un rapporto fiduciario fra rappresentati e rappresentanti, dove questi ultimi possono prendere decisioni autonome, non vincolate alla volontà dei rappresentati.

Molti degli attuali regimi presidenziali e parlamentari si fondano su quest'ultimo tipo di rappresentanza politica, che prevede appunto l'affidamento di un mandato fiduciario ai rappresentanti eletti nel corso di elezioni parlamentari. Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.


Teologia politica

Teologia politica Settore della riflessione teologica che studia i rapporti tra fede e sistemi politici.

Nel Novecento l'espressione "teologia politica" venne a più riprese utilizzata dal teologo tedesco Johann Baptist Metz in una serie di interventi confluiti nell'opera Sulla teologia del mondo (1968). In essa si presentava un programma teso a superare la tendenza privatistica della teologia manifestatasi a seguito della rottura dei tradizionali equilibri tra Chiesa e Stato precedenti all'illuminismo e della critica marxista che riduceva la religione a ideologia.

La prospettiva della entprivatisierung (deprivatizzazione) diveniva così il progetto di una teologia capace di sviluppare le dimensioni pubbliche e sociali del messaggio cristiano e una nuova comprensione del rapporto tra teoria e prassi. Contemporaneamente a Metz, in ambito protestante l'opera di Jürgen Moltmann, Storia esistenziale e storia del mondo. Verso un'ermeneutica politica del vangelo (1968), elaborava l'esigenza di una teologia capace di assumere come orizzonte non solo la storia del singolo, ma anche quella del mondo. In seguito, i temi della teologia politica confluirono anche nei programmi della teologia della liberazione latinoamericana. Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

 

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