LIBERO
20 LUGLIO 2006

La senilità dipende da un gene. Se lo blocchiamo, va ko

È un mistero sul quale gli studiosi dibattono da anni, e sul quale una vera e propria soluzione non esiste. Tuttavia un recente studio potrebbe semplificare molto il problema. Il riferimento è all'invecchiamento. Secondo gli studiosi del Lerner Research Institute di Cleveland non è vero che l'invecchiamento sia dovuto all'azione di più geni. Al contrario, il fenomeno sarebbe dovuto a un gene soltanto. Quest'ultimo codificherebbe i processi di senescenza, dunque comunicherebbe all'organismo che le cellule hanno fatto gran parte del loro lavoro e che ora è giunto il momento di andare in" pensione". La notizia è notevole in quanto c'è già chi ipotizza di potenziare questo gene per riuscire, in sostanza, ad allungare la vita a chiunque. Un eccezionale traguardo, per la verità non troppo lontano, stando alle conclusioni dei ricercatori Usa. Questo perché sono stati compiuti in tal senso dei test sui topi che hanno già dato risultati soddisfacenti. Il gene di cui andiamo parlando è un gene che l'uomo conosce da tempo. Quest'ultimo - la sua sigla è BMAL1 - si credeva però esclusivamente appannaggio del ciclo sonno - veglia dell'uomo. Non di certo nel processo di invecchiamento. Ma ora dallo studio sui topi emerge che la sua funzione nei processi di senescenza cellulare è quanto mai determinante per non dire assoluta. In particolare gli studiosi hanno privato del gene un certo numero di topolini. E il risultato ha sorpreso gli stessi ricercatori. All'improvviso i roditori hanno infatti dato segno di un celere e repentino invecchiamento. Le conferme? I loro organi a un tratto hanno cominciato a non funzionare più. Si sono rimpiccioliti. Tipico segno della vecchiaia, nel momento in cui i processi sclerotici ridimensionano notevolmente gli spessori - soprattutto vascolari - degli organi. A rimetterci in primis cuore, milza e reni. 1

cosimina vitolo 20.07.06 17:33 | Rispondi al commento |