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Industrializzazione e deindustrializzazione In economia, situazioni caratterizzate da un incremento o da una riduzione del ruolo dell'industria nel sistema economico; il processo di industrializzazione rappresenta la transizione da un'economia agricola a una industriale. Al contrario, la deindustrializzazione è uno stadio della crescita economica in cui si registra una contrazione dell'occupazione e della produzione nel settore dell'industria manifatturiera e uno sviluppo del settore terziario.

Industrializzazione nel tempo Questo grafico evidenzia l'industrializzazione e la deindustrializzazione di un'economia. Da A a B, il contributo dell'industria al prodotto interno lordo (PIL) aumenta costantemente; dopodiché, l’industria raggiunge la maturità e il suo contributo al PIL rimane abbastanza costante. Tra C e D inizia un periodo di deindustrializzazione, nel quale la percentuale industriale del PIL diminuisce in rapporto agli altri settori dell’attività economica.© Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.
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Villaggio operaio di Crespi d'Adda Il villaggio operaio di Crespi d'Adda è una delle testimonianze più esemplari (e meglio conservate) di una concezione filantropica diffusa tra alcuni industriali del XIX secolo, che vedevano nella collaborazione tra le classi la condizione essenziale per un equilibrato sviluppo economico e sociale. Iniziato da Cristoforo Crespi, fu sviluppato dal figlio Silvio, educato in Inghilterra. Esso comprendeva, oltre agli impianti industriali, la villa-castello dei proprietari, le villette per i dirigenti, le case per gli operai e una serie di servizi, dai bagni pubblici al teatro, dalla scuola al campo sportivo, dal dopolavoro all'ospedale. In parte ancora abitato e operante, il villaggio di Crespi d'Adda fa parte del patrimonio mondiale protetto dall'UNESCO. Roberto Schezen/Agenzia LUISA RICCIARINI—MILANO
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2 ORIGINI DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE

Impianto industriale Con l'avvento della rivoluzione industriale negli Stati Uniti sorsero le prime fabbriche tessili, come quella qui riprodotta. Ben presto i prodotti destinati all'esportazione superarono le merci importate e alla fine del XIX secolo gli Stati Uniti emergevano come la prima potenza industriale del mondo.Hulton Deutsch

Il processo di industrializzazione è normalmente legato a un aumento della produttività, del reddito pro capite e della domanda di prodotti dell’agricoltura. Affinché possa svilupparsi un processo di industrializzazione, è necessario che la maggiore domanda di prodotti agricoli (prodotti alimentari e materie prime) sia soddisfatta mediante un incremento delle importazioni o attraverso la rapida crescita della produttività agricola nazionale: numerosi studi hanno dimostrato infatti l'elasticità di questa domanda rispetto al reddito (all'aumentare del reddito la domanda di prodotti agricoli aumenta). Nelle fasi iniziali del processo di industrializzazione la possibilità di soddisfare la domanda di prodotti agricoli, mediante un incremento delle importazioni, viene tuttavia limitata dagli effetti che questa politica potrebbe avere sui relativi prezzi internazionali. Nella maggior parte dei casi, dunque, il processo di industrializzazione, per avere successo, necessita di un incremento significativo della produttività agricola nazionale.

Le origini della moderna industrializzazione vanno ricondotte alla rivoluzione industriale avvenuta in Inghilterra nel XVII secolo. Tra il XIX e il XX secolo, poi, il processo ha interessato le altre economie europee, l'America settentrionale e il Giappone, mentre nel corso del XX secolo, e in particolare al termine della seconda guerra mondiale, l'industrializzazione si è verificata in alcuni paesi dell'Estremo Oriente.

3 CONTESTI DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE

Intorno alle cause che hanno determinato l’avvio e lo sviluppo dell’industrializzazione e ai modi in cui questo è avvenuto, molti sono gli studi realizzati nel corso del XX secolo. Di seguito vengono descritti alcuni modelli teorici che mettono in luce alcuni degli aspetti della transizione dalle società agricole alle società industriali.

3.1 La teoria del "decollo" di Rostow

Industria elettronica, Corea del Sud Alcune operaie al lavoro in un'industria elettronica della Corea del Sud. A partire dagli anni Sessanta, la Corea del Sud ha conosciuto un rapido sviluppo industriale. Oltre un terzo della popolazione attiva lavora nell'industria, i cui settori più sviluppati sono quelli tessile, siderurgico, cantieristico ed elettronico.Allen Green/Photo Researchers, Inc.

Secondo la teoria dell'economista statunitense Walt W. Rostow (1916), un paese può intraprende la strada dell’industrializzazione se la sua economia e la sua società presentano alcune caratteristiche fondamentali, tra cui un elevato livello di produttività del settore agricolo, una spiccata sensibilità nei confronti delle innovazioni tecnologiche, l'esistenza di un mercato per i beni prodotti (quindi redditi sufficientemente alti da stimolare il consumo) e una situazione politica stabile. Questi requisiti, secondo Rostow, sono alla base della vera e propria “rivoluzione industriale”, rappresentata da una fase cosiddetta di "decollo" (take off), della durata di circa 20-30 anni.

Per Rostow, tutti i paesi industrializzati avrebbero attraversato stadi di sviluppo molto simili. Il decollo avrebbe rappresentato la fase centrale e più importante di questa evoluzione da un’economia tradizionale a un’economia dei consumi di massa; la Gran Bretagna sarebbe stata il primo paese a sperimentarlo, negli anni che vanno dal 1780 al 1800, seguita nel XIX secolo da Francia, Germania e Stati Uniti. Tuttavia, secondo molti studi economici, la teoria di Rostow risulterebbe confermata solo da alcuni episodi dell’industrializzazione; ad esempio, quelli relativi ad alcune aree degli Stati Uniti, dove il concatenarsi di una serie di fattori (tra cui la crescita della popolazione e del sistema dei trasporti, accanto a un’eccezionale disponibilità di capitali) causò un rapidissimo sviluppo industriale. Studi recenti hanno invece sottolineato come in molti paesi europei la fase cruciale del processo di industrializzazione sia durata molto di più di un ventennio, impiegando tutto il XIX secolo; in Gran Bretagna, invece, il processo di industrializzazione si sarebbe manifestato attraverso una crescita costante e graduale durata due secoli (XVIII e XIX). La teoria del decollo di Rostow ha direttamente ispirato interventi economici in diversi paesi sottosviluppati, rivelandosi in molti casi inefficace.

3.2 Il problema dell'"arretratezza" di Gerschenkron

L'economista Alexander Gerschenkron (1904-1979) dedicò una serie di studi economici ai paesi europei di seconda industrializzazione – i late comers, cioè i “ritardatari” – tra cui l’Italia. Secondo Gerschenkron, lo sviluppo dei paesi “arretrati” si sarebbe basato su alcuni importanti elementi, tra cui: 1) un rapido aumento del tasso della produzione industriale; 2) la prevalenza, nell’ambito della produzione industriale, dei beni capitali (destinati cioè alla produzione stessa) rispetto a quelli destinati al consumo; 3) la presenza di aziende di grandi dimensioni; 4) un grande fabbisogno di capitali, soddisfatto tramite l’intervento dello stato e delle banche; 5) un ruolo marginale del settore agricolo, sia per quanto riguarda la capacità produttiva, sia per quanto riguarda la capacità di consumo dei beni prodotti dall’industria. Gli studi di Gerschenkron hanno avuto il merito di porre l’accento sul contesto storico (non solo economico, ma sociale, culturale e politico) in cui l’industrializzazione si compie e di porne in risalto le dinamiche, che possono anticipare o ritardare, favorire o ostacolare l’industrializzazione.

3.3 La teoria del “raggiungimento”

approfondimento
APPROFONDIMENTO
Villaggio Crespi d'Adda
Monumento di archeologia industriale tra i meglio conservati in Italia, il villaggio operaio di Crespi d’Adda fu edificato tra il 1878 e il 1925 per iniziativa della famiglia Crespi, industriali tessili lombardi interessati alle analoghe esperienze filantropiche anglosassoni. Dal brano qui riportato, e tratto dalla Guida Rossa Lombardia del Touring Club Italiano, si apprende, tra l’altro, che alla costruzione del complesso architettonico collaborarono alcuni tra i più apprezzati artisti lombardi dell’epoca, dagli architetti Ernesto Pirovano e Gaetano Moretti all’artigiano dei ferri battuti Alessandro Mazzucotelli.
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Prendendo spunto dai lavori di Gerschenkron, alcuni studi hanno recentemente sottolineato la particolarità della situazione in cui si sono trovate a operare le economie dei paesi late comers, il cui modello di crescita sarebbe stato improntato a una strategia di "raggiungimento". Questi paesi avrebbero avuto la possibilità di intraprendere il processo di sviluppo sia imitando le economie industrializzate, sia usufruendo di tecnologie e di tecniche gestionali già sperimentate.

Secondo questi studi, i livelli di reddito pro capite dei paesi poveri dovrebbero convergere verso quelli dei paesi ricchi. Numerose verifiche empiriche di questa ipotesi hanno prodotto risultati contrastanti: in primo luogo, la convergenza dei redditi si verifica soprattutto tra le economie avanzate; in secondo luogo, questa teoria cade se nell'insieme dei paesi considerati si includono le economie più povere del mondo. Molti paesi poveri non sono affatto riusciti ad avviare lo sviluppo industriale e il loro ritardo rispetto ai paesi sviluppati si è rapidamente accresciuto; il “raggiungimento” non avviene dunque inevitabilmente.

Al fine di spiegare i motivi per cui questa tendenza delle economie al "raggiungimento" coinvolga di fatto soltanto i paesi sviluppati, Moses Abramovitz (1912) ha introdotto il concetto di "idoneità sociale". Per essere in grado di sfruttare le tecnologie importate dai paesi industrializzati, le economie relativamente arretrate devono risultare sufficientemente avanzate sul piano sociale, ossia devono disporre, ad esempio, di capitale umano altamente qualificato e di un sistema politico stabile.

4 DEINDUSTRIALIZZAZIONE: LA SOCIETÀ POSTINDUSTRIALE

Acciaierie Falck a Sesto San Giovanni (MI) Il primo impianto delle acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, alla periferia nord di Milano, venne costruito nel 1910. Di proprietà della società anonima Acciaierie e ferriere lombarde di Giorgio Enrico Falck, gli stabilimenti di Sesto (Unione, Vulcano, Concordia, Vittoria) rappresentarono fino agli anni Ottanta una delle maggiori realtà del settore siderurgico italiano; tra il 1990 e il 1995 vennero tutti dismessi. Sull'area, che si estende per un milione e mezzo di m2, è prevista la creazione di un parco urbano.Farabolafoto

Quello dell’industrializzazione è stato un processo molto complesso. Il passaggio di intere società da una tradizione agricola, legata a usanze, valori, istituzioni antiche, a una tradizione industriale, portatrice non solo di nuovi valori, di nuove esigenze e abitudini, di un nuovo modo di produrre e di consumare, ma anche di una nuova organizzazione sociale, economica e politica e di una nuova visione del mondo, è avvenuto in un arco di tempo relativamente ridotto e probabilmente non ha ancora cessato di produrre i suoi effetti. Infatti, l’ordine economico, politico e sociale prodotto dall’industrializzazione si è nel frattempo consolidato e governa anche il processo di riflusso dell’industria, visibile da alcuni decenni nelle società più avanzate, definite per questo “postindustriali”.

Infatti, nei paesi dell’Occidente capitalistico è in atto da anni un processo di “deindustrializzazione”, caratterizzato da una progressiva contrazione dell'occupazione e della produzione nel settore dell'industria manifatturiera e da una forte crescita del settore dei servizi (il cosiddetto terziario). Se si considera l'economia britannica, modello cui vengono generalmente condotti gli studi economici di questo settore, è possibile osservare tre fasi specifiche: industrializzazione tra il 1700 e il 1850; maturità dello sviluppo industriale tra il 1850 e il 1955; e deindustrializzazione a partire dal 1955.

4.1 Un processo in atto

Tra il processo di industrializzazione e quello di deindustrializzazione esistono forti analogie. Una deindustrializzazione è possibile quando la domanda interna di beni è soddisfatta mediante un rapido incremento di produttività del settore manifatturiero domestico; diversamente, la domanda stimolerebbe le importazioni ed andrebbe a gravare sulla bilancia dei pagamenti.

Il processo di deindustrializzazione presenta anche notevoli differenze da paese a paese: in Gran Bretagna, ad esempio, si è avviato prima (a partire dalla metà degli anni Cinquanta) e ha subito un'accelerazione significativa nei primi anni Ottanta, quando in Italia si tava appena avviando. Lo sviluppo incerto di questo processo consente di distinguere tra un’industrializzazione "positiva" e una "negativa": la prima è accompagnata da un elevato livello di produttività, una forte crescita economica e piena occupazione, mentre la seconda è associata a una scarsa produttività e a elevati livelli di disoccupazione.

4.2 Fattori della deindustrializzazione

La “legge di Baumol” fornisce una prima ipotesi alla tendenza di deindustrializzazione in atto. Secondo William Baumol (1922), poiché nel settore dei servizi la produttività cresce di meno che in quello industriale, in condizioni di concorrenza l'incremento dei prezzi relativi favorirà il settore dei servizi (sia nel mercato dei beni sia in quello del lavoro), consentendogli di attirare le risorse umane necessarie per soddisfare la domanda.

Questa teoria è in grado di spiegare alcune delle caratteristiche osservate, a cui si è accennato in precedenza. Il processo di deindustrializzazione verificatosi in Gran Bretagna, ad esempio, è stato caratterizzato da un declino dell'attività industriale piuttosto rapido, se confrontato con quello di altri paesi; questo aspetto è attribuibile, almeno in parte, ai considerevoli cambiamenti intervenuti nella specializzazione internazionale del lavoro. Fino ai primi anni Cinquanta, infatti, questo paese generava surplus nel settore industriale e deficit negli altri; all'inizio degli anni Ottanta, invece, la situazione si era totalmente capovolta.

4.3 L'importanza di eventi contingenti

Fino a ora la deindustrializzazione è stata vista come un processo di lungo periodo. Benché sia in grado di spiegare alcune tendenze di fondo osservate, questa impostazione non rende conto delle particolarità dei processi storici concreti. I caratteri e la velocità di questo processo vengono infatti influenzati anche da numerosi eventi contingenti, tra cui i mutamenti delle politiche fiscali o monetarie. Alcuni esempi, tratti dall'esperienza della Gran Bretagna, sottolineano l'esigenza di considerare congiuntamente eventi del genere e processi di lungo periodo (come quelli associati alla legge di Baumol). Durante gli anni Ottanta l'accelerazione della deindustrializzazione britannica è stata infatti, almeno in parte, generata dall'attuazione di una politica monetaria restrittiva da parte del governo; fra il 1920 e il 1955 alcuni cambiamenti nelle politiche attuate dal governo britannico (fra cui la svalutazione nel 1931 e la politica doganale nel 1932) migliorarono l'andamento del settore manifatturiero nazionale, ma nei primi anni Ottanta la politica monetaria restrittiva ha esercitato una pressione al rialzo sul tasso di cambio, producendo un effetto negativo sulla competitività internazionale dell'industria britannica.

bibliografia essenziale
Queste fonti forniscono ulteriori informazioni su Industrializzazione e deindustrializzazione.

Questa interazione tra politiche governative e traiettoria della deindustrializzazione fa sorgere dubbi circa il carattere "naturale" degli andamenti empiricamente osservati. Il livello di deindustrializzazione di un'economia è, dunque, il risultato di due processi abbastanza distinti: agiscono, da un lato, i cambiamenti strutturali di lungo periodo generati dalla fase di maturità raggiunta dal settore industriale e, dall'altro, quelli prodotti dalle politiche governative, che stimolano oppure contraggono le dimensioni relative del settore manifatturiero.

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