Geomorfologia
1 INTRODUZIONE

Geomorfologia Ramo della geologia che studia le forme del territorio. Il termine si applica più comunemente allo studio della formazione e dei mutamenti nel tempo delle terre emerse, ma può anche essere riferito allo studio dei fondi marini e delle superfici di altri pianeti. Storicamente, la geomorfologia si è sviluppata in due filoni distinti: quello della geomorfologia storica e quello della geomorfologia dinamica; per avere una visione d'insieme delle forze che plasmano il paesaggio, le due sottodiscipline vanno portate avanti insieme.

2 GEOMORFOLOGIA STORICA

I concetti che definiscono questa sottodisciplina sono stati elaborati all'inizio del XX secolo dal geologo statunitense William Morris Davis. Nella visione teorica di Davis, ogni forma del paesaggio passa attraverso una prevedibile sequenza ciclica: giovinezza, maturità e vecchiaia. La geomorfologia storica si basa fondamentalmente sullo studio di strati rocciosi riferibili agli ultimi due milioni di anni della storia terrestre, e alla ricostruzione della loro storia. La cronologia delle sequenze stratigrafiche può essere ricostruita in modo relativo o assoluto; il primo approccio consiste nella determinazione della relazione cronologica tra strati adiacenti; il secondo, nella datazione assoluta di uno strato, attraverso la datazione degli eventuali reperti organici in esso contenuti; questa può essere effettuata per mezzo di una molteplicità di tecniche, prima fra tutte l'analisi al radiocarbonio.

3 GEOMORFOLOGIA DINAMICA

Questo secondo ramo della geomorfologia analizza i processi dinamici che cooperano a plasmare le forme del paesaggio. I più tipici meccanismi di trasformazione del paesaggio sono l’alterazione superficiale e l’erosione. Il basamento roccioso e il suolo forniscono il materiale passivo di questi processi, mentre il regime climatico e la dinamica crostale costituiscono le principali variabili attive.

3.1 Le forze in gioco

Nei processi geomorfologici, va sempre tenuto conto della gravità, che è un fattore onnipresente e invariabile. Un secondo fattore importante è l’irraggiamento solare; questo entra in gioco come variabile termica che agisce direttamente o, indirettamente, mettendo in movimento il ciclo idrologico (che comprende l'evaporazione dell’acqua da oceani, suolo e vegetazione, il trasporto di vapore acqueo nell'atmosfera, la sua precipitazione sotto forma di pioggia, grandine o neve, e il ritorno all'oceano attraverso il deflusso superficiale).

Un terzo fattore energetico che agisce nei processi geomorfologici è il calore interno della Terra. Questo è responsabile dei movimenti degli strati più esterni del pianeta, vale a dire, dello spostamento relativo delle zolle tettoniche. Anche se questi processi si svolgono in genere con estrema lentezza (con una velocità dell'ordine del millimetro all'anno), possono produrre di tanto in tanto fenomeni repentini e catastrofici: la tensione accumulata nelle rocce della crosta a causa delle forze tettoniche può essere infatti liberata nel corso di terremoti e produrre dislocazioni improvvise dell’ordine della decina di metri. Localmente, il calore interno terrestre può causare eruzioni, a loro volta in grado di produrre una grande varietà di forme vulcaniche.

3.2 Alterazione ed erosione

L'alterazione delle rocce è spesso l’effetto combinato di tre tipi di processi: uno di natura fisico-chimica (ad esempio, l’accrescimento di cristalli di ghiaccio o di cristalli di sale deposti da una soluzione soprassatura); uno di natura puramente chimica (come avviene quando soluzioni acide tendono a dissolvere minerali come la calcite); e uno biologico (azione di licheni, muschi o di radici di piante superiori).

L'erosione consiste nella rimozione e trasporto a distanza del materiale alterato, in soluzione o in forma di detriti. L'energia per il trasporto può essere fornita dal dilavamento superficiale, dal vento, dalle onde, ma talvolta anche dalla semplice gravità (come avviene in una frana).

In un paesaggio continentale molto antico i rilievi sono quasi appianati e la pendenza media dei corsi d'acqua è molto debole: in questi casi l’erosione ha pressoché terminato il proprio compito, e si è raggiunta una situazione di stabilità. Una superficie con queste caratteristiche viene detta classificata come “penepiano”. Essa può essere eventualmente interrotta da rilievi isolati, detti inselberg, costituiti da rocce particolarmente resistenti all'erosione. Il livello di base teorico cui tende il penepiano è il livello medio marino. Naturalmente, quando si verifica un abbassamento del livello del mare, l’azione erosiva sul penepiano ha una ripresa.

L'erosione dei suoli provocata dall'uomo è un fenomeno recente, dovuto al diboscamento e al pascolo degli animali. In ambiti naturali indisturbati, come nelle parti interne non in rilievo dei continenti, i tassi di erosione sono assai lenti; viceversa, nelle aree tettonicamente attive, che di solito coincidono con i margini delle zolle, i tassi di erosione possono essere enormi.

Fra i molteplici fattori di erosione della superficie terrestre, la pioggia e i fiumi sono i più vigorosi. Viceversa le onde marine, per quanto si possano abbattere sulle rive con estrema violenza, sono in grado di provocare solo arretramenti lentissimi delle coste. Dal punto di vista chimico, l’acqua è tanto più aggressiva quanto minore è il contenuto di sali in essa disciolti (perché maggiore è la quantità di sali che può ancora accogliere in soluzione). Altri importanti agenti di erosione e trasporto sono il vento e i ghiacciai continentali.

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